giovedì 10 ottobre 2019

Presentazione del calendario 2019-2020


La passione per il Vangelo e per l’uomo, che caratterizza il magistero del nostro Vescovo, ci entusiasma e ci da sprone a vivere il nostro Ministero mossi da “ragioni appassionanti”, dalla “gioia del Vangelo”, superando quelle che sentiamo come “fatiche missionarie” … sollecitati ad entrare in dialogo con l’umanità annunziando speranza e condivisione di cammino nella ricerca di ciò che veramente è vita per l’uomo aperto alla presenza di Dio”.
Accogliamo e viviamo con gioia gli incontri di formazione e di spiritualità come momenti di grazia, per crescere nella conoscenza e nell’affetto reciproco, consapevoli che è la prima testimonianza che dobbiamo a tutta la Comunità.
                                                                                                                                   don Maurizio


Il Vescovo Angelo Spinillo apre l’Anno Pastorale 2019-2020


Nel corso dell’Assemblea di apertura del nuovo anno pastorale, S.E. Il vescovo Angelo Spinillo ha illustrato le linee diocesane, in riferimento agli Orientamenti Pastorali ed Ecclesiali dell’ultimo decennio e proponendo orizzonti di missionarietà, di dialogo e di creatività pastorale per la Chiesa di Aversa.
Oltre all’ascolto della parola del Pastore, i partecipanti al Convegno hanno avuto a disposizione il testo della lettera che leggiamo di seguito e che è resa disponibile anche sul portale della Diocesi.

Anno Pastorale 2019-2020: 
Convegno introduttivo

E ogni giorno, nel tempio e nelle case, non cessavano di annunciare che Gesù è il Cristo” (At 5,42)

Carissimi confratelli Sacerdoti e Diaconi, Religiosi e Religiose, Seminaristi, voi tutti, fratelli e sorelle,
eccoci all’annuale appuntamento che ci convoca all’inizio del nuovo anno pastorale per metterci in sintonia con tutta la comunità diocesana e prendere il passo giusto, e progredire verso il regno di Dio camminando insieme con la Chiesa, con i fratelli e le sorelle con cui condividiamo la luce del Vangelo e la grazia della salvezza.
Anzitutto vi prego di accogliere la mia fraterna gratitudine per la vostra presenza qui, questa sera nella nostra chiesa cattedrale, e più ancora per la vostra generosa disponibilità a vivere ogni giorno nella fede, nella speranza e nella carità, ad offrire con gioia la vostra testimonianza e la vostra partecipazione all’apostolato, alla vita ed alla missione della Chiesa.
Grazie a tutti per essere qui, insieme, in comunione fraterna, come “popolo di Dio”, popolo che cammina con Lui e vive la luce della sua volontà nelle vicende della storia del mondo. La vostra presenza è testimonianza di zelo nell’apostolato, di disponibilità alla missione, di gioioso entusiasmo nell’aderire e nell’annunziare il Vangelo, nel desiderio di crescere e maturare nella vita di fede per spezzare il pane della carità con l’intera umanità.
Come ho avuto modo di dire sabato scorso nella celebrazione di ordinazione diaconale di cinque nostri fratelli, siamo qui, gioiosamente presenti e consapevoli di essere “gli invitati” dalla misericordia del Signore a vivere seguendo Gesù, affascinati dalla luce del suo Vangelo, nella Chiesa e con la Chiesa tutta, con la Chiesa cattolica, aperta all’universale. Grazie, fratelli e sorelle, per aver accolto l’invito del Signore e della Chiesa: accogliere un invito è segno di attenzione a Colui che invita, che ci chiama, è segno di reale apertura, di sincero ascolto e di vero incontro con la sua presenza.
Molte volte, negli ultimi anni, abbiamo ripetuto che, per la crescita della nostra vita di fede e per la verità della nostra carità è importantissimo educarci all’ascolto della parola di Dio e all’insegnamento della Chiesa. Ricordo che nell’omelia della Messa crismale del 2018, invitai tutti a considerare che “Insieme all’ascolto della parola di Dio” è necessario un “un più attento ascolto della parola che ci viene ordinariamente rivolta dalla Chiesa, dalla Chiesa universale e, spesso più direttamente, dalla Chiesa locale. Credo, infatti, di poter dire che chi vive con autenticità e fiducia la parola di Dio sarà attento ad accogliere anche la parola della Chiesa, e che chi ascolta veramente la parola del Padre saprà riconoscere il suo amore anche nella parola del fratello. Potremmo dire, ancora, che se chi ascolta la parola di Dio accoglie Dio stesso e partecipa della sua vita, ugualmente chi ascolta la parola della Chiesa accoglie la Chiesa e vive pienamente in essa e con essa”.
Non mi stancherò di ripetere che abbiamo tanto bisogno di educarci a questo atteggiamento di ascolto, ovvero a vivere con attenzione alla parola di Dio e con fiducia nell’insegnamento della Chiesa. Questo ci renderà capaci di essere veramente liberi nell’obbedienza, come il Cristo, il Figlio all'amore del Padre. Questo ci aiuterà ad essere maturi nel vivere la fede, perché solo se saremo maturi nella fede potremo essere sereni servitori del Vangelo, generosi e liberi come figli, autentici ministri della carità. Questo ci aiuterà a vivere nel respiro ampio, universale, della Chiesa, e non ristretti negli spazi angusti, e assolutamente soggettivi, dei nostri modi di pensare, di giudicare e di agire.
Non ci meravigli il riconoscere il bisogno, direi l’urgenza di proporre all’intera comunità cristiana, e quindi anche alla nostra Chiesa locale, un significativo e continuo percorso di educazione alla fede. La fede non è una dottrina che si impara e si utilizza per raggiungere un qualche obiettivo, la fede è vita in continuo fermento di crescita, come il lievito, di cui Gesù ha parlato nel Vangelo. Per questo la Chiesa ha sempre vissuto come in una costante tensione formativa, e in ogni epoca, in modi ed in forme diverse, ha sollecitato i cristiani a guardare al Maestro per accoglierne gli insegnamenti e modellare la propria storia vivendola in comunione con Lui. Questo è ciò che in tempi recenti abbiamo indicato con l'espressione “formazione permanente. La tensione alla formazione alla vita di fede è richiesta dal continuo evolversi delle situazioni, delle opportunità e delle domande che la nostra stessa umanità genera a sé stessa nel corso del suo cammino nella storia e, soprattutto, perché il Maestro, il Cristo Signore è sempre vivo ed è sempre oltre le conoscenze e le forme acquisite dagli uomini, ed è Lui il Verbo, la parola del Dio vivente che chiama l’uomo ad alzare lo sguardo, ad aprire il cuore, ad incontrare la verità, a cercare il regno di Dio che è sempre più grande dei nostri pensieri ed è sempre più avanti delle nostre vedute.
L’importanza di un vitale percorso educativo “per formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna”, è stata richiamata lo scorso 12 settembre dal nostro Santo Padre Francesco che ha sentito l’esigenza di convocare a Roma, per il prossimo 14 maggio 2020, i rappresentanti delle principali religioni del mondo, degli organismi internazionali e delle istituzioni umanitarie, accademiche ed economiche, politiche e culturali per un momento di intenso dialogo sul tema: “Ricostruire il patto educativo globale”.
Già nel 2008, Papa Benedetto XVI aveva scritto una lettera alla Diocesi ed alla città di Roma circa il “compito urgente dell’educazione”, ed aveva parlato di una grande “emergenza educativa”, di “un’atmosfera diffusa, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona umana”. A fronte di queste difficoltà vissute dalla società umana, il Papa invitava ad avere fiducia nella possibilità di educare, di dialogare tra le generazioni, per condividere, con tutti e con ciascuno, la speranza nell’incontro con la verità, ed un vero cammino verso il bene.
In questa prospettiva, nel 2010 la Chiesa Italiana si diede delle linee di orientamento pastorale per il decennio 2010-2020, intitolandole “Educare alla vita buona del Vangelo” e osservando che ci si trova in una fase della storia in cui “Le persone fanno sempre più fatica a dare un senso profondo all’esistenza. Ne sono sintomi il disorientamento, il ripiegamento su se stessi e il narcisismo, il desiderio insaziabile di possesso e di consumo, la ricerca del sesso slegato dall’affettività e dallimpegno di vita, l’ansia e la paura, l’incapacità di sperare, il diffondersi dell’infelicità e della depressione. Il mito dell’uomo che si fa da sé finisce con il separare la persona dalle proprie radici e dagli altri”. (CVMC 9).
Dalle parole dei Papi e dei Vescovi appare evidente la preoccupazione, che poi è di tutte le componenti della società umana circa la possibilità di sviluppare un cammino educativo. Personalmente credo che la crisi nella capacità di educare, la difficoltà a sviluppare un sereno dialogo tra le diverse generazioni e tra le varie presenze che compongono una società sia il segno più evidente della crisi della stessa società umana. Si dice spesso che ciò sia causato da una mancanza di valori comuni e, di conseguenza, dal non avere riferimenti condivisi. A tanti, oggi, giustamente sembra che in questo nostro tempo l’affermazione e il senso della libertà di ciascun individuo sia proclamato e vissuto come un confuso senso di assoluta autonomia e di relativa indifferenza rispetto a tutto e a tutti.
Di fronte agli squilibri causati dalla lacerazione di antiche e naturali alleanze tra le diverse generazioni, tra ciascuna delle singole persone umane ed il tessuto sociale nel quale e per il quale si vive, l’iniziativa di Papa Francesco, pur consapevole della fatica necessaria, ha voluto invitare il mondo “a promuovere insieme e attivare attraverso un comune patto educativo, quelle dinamiche che danno un senso alla storia e la trasformano in modo positivo”. Non a caso il Papa ha voluto citare l’antico proverbio della saggezza africana che dice che per educare un bambino è necessario un intero villaggio. Qui non si tratta di negare la possibilità di cambiamenti nelle modalità di vita degli uomini nel tempo e nelle sempre nuove situazioni della vita del mondo, ma piuttosto di riconoscere e reimparare ad essere tutti attenti sempre e partecipi del cammino della vita comune. “Ogni cambiamento, però, dice Papa Francesco, ha bisogno di un cammino educativo che coinvolga tutti. Per questo è necessario costruire “un villaggio dell’educazione” dove, nella diversità, si condivida l’impegno di generare una rete di relazioni umane e aperte. In un simile villaggio è più facile un’alleanza tra tutte le componenti della persona, tra lo studio e la vita, tra le generazioni… tra gli abitanti della Terra e la “casa comune” alla quale dobbiamo cura e rispetto. Un’alleanza generatrice di pace, giustizia e accoglienza tra tutti i popoli della famiglia umana, nonché di dialogo tra le religioni”. Educazione, insomma, non può essere più il semplice trasmettere conoscenze o regole da usare nella vita che i più adulti, in forza dell’esperienza acquisita nel tempo, possono insegnare ai più giovani; educazione, oggi, deve poter significare impegno nella propria crescita personale, desiderio di camminare, di conoscere, di dialogare con onestà e libertà da ogni pregiudizio o interesse, di partecipare con fedeltà a testimoniare la ricerca del giusto e del bello per la vita dell’umanità. Se, come aveva detto Papa Benedetto XVI alla Diocesi di Roma nel 2007: “alla radice della crisi dell’educazione c’è una crisi di fiducia nella vita”, con le parole di Papa Francesco, ancora al convegno diocesano di Roma del 2016, possiamo dire che: “Nei sogni dei nostri anziani molte volte risiede la possibilità che i nostri giovani abbiano nuove visioni, abbiano nuovamente un futuro”. Come dire che solo chi ha sogni grandi di vita, di giustizia, di bellezza, di verità, di bontà e cerca di viverli testimoniando la sua speranza con coerenza nelle relazioni con gli altri uomini e nel cammino quotidiano, educando se stesso sarà capace di educare altri, sarà veramente partecipe di quel villaggio in cui si percorre la strada della condivisione di pensieri e di fatica, di speranza e di attenzione generosa alla vita ed alla verità.

Il cammino proposto per questo decennio
Ricordiamo anzitutto che, in questi anni, come Diocesi, per la consapevolezza di dover dare attenzione all’educazione e portare la luce del Cristo Signore nella concretezza del vissuto quotidiano delle nostre comunità, ci siamo lasciati guidare dagli Orientamenti Pastorali Educare alla vita buona del Vangelo, e ci siamo proposti un percorso di educazione al vivere la fede, la speranza e la carità nella quotidianità di quei “Percorsi di vita buona” che ci erano stati indicati come ambiti del vivere dell’umanità del nostro tempo: Lavoro e festa; Cittadinanza; Affettività; Fragilità; Tradizione.
Anche il tempo santo del Giubileo della misericordia lo abbiamo vissuto come un tempo ed un’esperienza forte di educazione e di formazione ad essere “misericordiosi come il Padre” (Lc 6,36), riconoscendo che la più importante e la più urgente delle nostre necessità era, e rimane, l’imparare il perdono: è il perdono da imparare a donare fraternamente gli uni agli altri, e, ancor più, per una vera crescita di umanità e di vita buona, il perdono da imparare a chiedere. Educarsi a chiedere il perdono è il più efficace atto di fede; infatti solo chi si educa a chiedere il perdono potrà riconoscere la presenza dell’altro davanti a sé, potrà riconoscere la presenza di Dio e la presenza degli uomini ed aprirsi al dialogo con verità, come il Figlio prodigo di cui ci parla Gesù nel Vangelo.
Successivamente, sulla scia del Convegno ecclesiale del 2015, tenutosi a Firenze, sul tema dell’attenzione ad un nuovo umanesimo modellato sul Cristo Signore, abbiamo cercato di educarci a coniugare i verbi “uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare” per educarci a vivere il rapporto con la vita dell’umanità alla maniera di Gesù, ovvero ponendo attenzione alle incertezze e ai disorientamenti dell’umanità e sviluppando una presenza capace di annunciare e di coinvolgere, per educarci a far maturare l’umano aprendolo al divino, alla vita buona del Vangelo. Affascinati dal versetto del salmo 145,4 “Una generazione narra all’altra” abbiamo, per così dire sintetizzato il discorso sulla necessità di formazione permanente e sulla disponibilità alla missione intesa come il vivere in ogni situazione con la consapevolezza di essere chiamati alla grazia di Dio e mandati a condividerla con i fratelli.

Anno pastorale 2019-2020
Se è vero, come insegnava il Santo Papa Paolo VI, che “quando la Chiesa prende coscienza di sé diventa missionaria”, siamo chiamati a comunicare il Vangelo al mondo vivendo una creatività gioiosa di azione di incontro con l’umanità tutta. Per questo, ancora abbiamo bisogno di educarci a pensare e ad agire in modo nuovo nella nostra vita di carità e di fraternità. Il Vangelo ci narra che tutti coloro che incontravano Gesù, poi andavano, anzi, correvano con gioia ed entusiasmo grande, a raccontare quell’incontro, a portare il “lieto annunzio” a tanti altri fratelli. Questo, ci auguriamo, possa essere lo stile, l’atteggiamento ordinario in cui la nostra Chiesa potrà vivere in questo territorio.
Papa Francesco ci invita continuamente ad essere “Chiesa in uscita”, Comunità di credenti consapevole del dono grande della vocazione ad essere con Gesù e desiderosa di andare incontro all’umanità per offrire a tutti e condividere con tutti la salvezza. In questa prospettiva dovremo essere ancora più attenti, in tutti gli ambiti di vita ecclesiale e dell’azione pastorale, a rinnovare quanto già viviamo e ad aprire strade nuove per l’evangelizzazione. La sensibilità pastorale alla missione, accolta da noi come una grazia, deve essere coltivata come una missione a vivere la Chiesa anzitutto al suo interno. Si, noi siamo mandati a vivere, come figli in comunione con il Padre, nella fraternità che ci fa attenti alla vita degli altri fratelli e sorelle che vivono e camminano con noi. Allo stesso modo e con entusiasmo saremo desiderosi di andare incontro a chi è meno presente nella realtà della comunità ecclesiale. Questo significa educarci a liberare il nostro animo da quello che il Papa chiama “il grigio pragmatismo della vita quotidiana della chiesa, nel quale tutto apparentemente procede nella normalità mentre in realtà la fede si va logorando e degenerando nella meschinità” (Eg 83), ed invece a vivere la gioiosa speranza che “La nostra fede è sfidata ad intravedere il vino in cui l’acqua può essere trasformata, e a scoprire il grano che cresce in mezzo alla zizzania” (Eg 84).
Il santo, spiega ancora Papa Francesco in Gaudete et exultate, non spreca le sue energie lamentandosi degli errori altrui evita la violenza verbale che distrugge e maltratta” e, cita, poi, le parole di San Giovanni della Croce: “Rallegrandoti del bene degli altri come se fosse tuo vincerai il male con il bene, caccerai lontano da te il demonio e ne ricaverai gioia di spirito” (Gee 116-117).
È in questo atteggiamento che vive un autentico spirito missionario.
A questo spirito missionario vogliamo dare particolare attenzione ed educarci in questo anno sviluppando con entusiasmo i diversi tempi e momenti dell’anno pastorale.
Come tutti sappiamo, ricorre in questo anno il centenario della Lettera apostolica “Maximum illud” con la quale, all’indomani della conclusione del drammatico conflitto, che per la prima volta fu detto mondiale, il Papa Benedetto XV volle rilanciare l’azione missionaria della Chiesa fondandola sull’universalità della chiamata alla salvezza. Come Chiesa diocesana di Aversa vorremo cogliere questa ricorrenza per dare un’impronta missionaria ad ogni nostra attività pastorale, sia all’interno della comunità ecclesiale che nel nostro aprirci al dialogo con le realtà della vita sociale del nostro tempo. Ancora Papa Francesco ha scritto: “La Lettera apostolica Maximum illud aveva esortato, con spirito profetico e franchezza evangelica, a uscire dai confini delle nazioni, per testimoniare la volontà salvifica di Dio attraverso la missione universale della Chiesa. L’approssimarsi del suo centenario sia di stimolo a superare la tentazione ricorrente che si nasconde dietro ad ogni introversione ecclesiale, ad ogni chiusura autoreferenziale nei propri confini sicuri, ad ogni forma di pessimismo pastorale, ad ogni sterile nostalgia del passato, per aprirci invece alla novità gioiosa del Vangelo. Anche in questi nostri tempi, dilaniati dalle tragedie della guerra e insidiati dalla triste volontà di accentuare le differenze e fomentare gli scontri, la Buona Notizia che in Gesù il perdono vince il peccato, la vita sconfigge la morte e l’amore vince il timore sia portata a tutti con rinnovato ardore e infonda fiducia e speranza”.

Certamente, aldilà delle attività proposte in maniera particolare per il mese di ottobre, tradizionalmente dedicato alla preghiera ed alla sensibilizzazione alle opere missionarie, la speciale memoria di questo centenario ci aiuterà a purificare la nostra azione pastorale, a dare rinnovato entusiasmo e slancio alle motivazioni del nostro vivere la Chiesa e che ci spingono alla missione. Nell’ascolto vivo della parola di Dio potremo educarci e far maturare in noi, nella nostra comunità ecclesiale, quelle “ragioni appassionanti”, che scaturiscono dalla gioia del Vangelo, e che sole potranno dare slancio missionario ad ogni nostra attività pastorale.
Per questo in questo nuovo anno vorremo ancora celebrare con attenzione le giornate che coinvolgono tutti i credenti in un dialogo che, assumendo come proprie le più grosse problematiche della vita del mondo, ci sollecitano ad entrare in dialogo con l’umanità annunziando speranza e condivisione di cammino nella ricerca di ciò che veramente è vita per l’uomo aperto alla presenza di Dio. Oserei dire che nelle nostre comunità parrocchiali, nelle associazioni, nei gruppi e nei movimenti, persino nei comitati-festa, dovremmo pensare e programmare le giornate “per la custodia del creato”, “dei poveri”, della “vita”, alla “Festa dei popoli” con la stessa intensità con cui organizziamo i momenti di festa o di celebrazioni tradizionalmente consolidate. Credo che possiamo considerare queste giornate come un momento intenso di catechesi applicata alla concretezza delle situazioni che si vivono quotidianamente, come un momento di formazione spirituale per educarci a leggere anche la vita contemporanea nell’orizzonte della salvezza e della comunione con la volontà del nostro Dio, e, quindi, anche di missionarietà, di creatività pastorale vissuta nel dialogo con l’umanità e con le sue domande di vita. Queste giornate potranno offrire a tutti degli ampi spazi di partecipazione e di condivisione fraterna nella carità. Come potete, almeno in parte, vedere, già tante sono le attività proposte e di questo ringrazio di cuore tutti gli organismi della nostra vita diocesana, dal Seminario alle Parrocchie, dagli Uffici pastorali e amministrativi della Curia alle diverse forme di aggregazione, soprattutto dei laici. Continuiamo ad accogliere con attenzione e amicizia i ragazzi ed i giovani, gli sposi, coloro che sono alla ricerca di attenzione e coloro che sentono di poterla offrire, i consacrati/e ed i missionari/e. Incoraggiamo, sviluppiamo e, se necessario, riprendiamo, il dialogo e la tensione pastorale e missionaria, condividiamo la gioia di essere salvati perché chiamati a vivere nell’amore di Dio che il Cristo è venuto a donare a noi. Il Signore che ci ha chiamati, ci aiuti a maturare sempre più in quella libertà che supera ogni confine ed ogni limite, che non si ferma per qualche incomprensione o tristezza, ma che guarda sempre oltre, più avanti, capace di valorizzare tutto, anche gli ostacoli e le difficoltà, per progredire nella vita vera, nella luminosa bellezza dell’amore di Dio.

Permettetemi, a mo’ di augurio, di concludere ancora con le parole di Papa Francesco: “Se camminate insieme, giovani e anziani, potremo essere ben radicati nel presente e da questa posizione, frequentare il passato e il futuro: frequentare il passato, per imparare dalla storia e per guarire le ferite che a volte ci condizionano; frequentare il futuro, per alimentare l’entusiasmo, far germogliare i sogni, suscitare profezie, far fiorire le speranze. In questo modo, uniti, potremo imparare gli uni dagli altri, riscaldare i cuori, ispirare le nostre menti con la luce del Vangelo e dare nuova forza alle nostre mani” (Christus vivit 199).



mercoledì 20 marzo 2019

Diaconato: Programma della Giornata Regionale 2019


"Il Diacono e la sua missione nella Chiesa, dalla comunione al servizio" è il titolo della relazione che il presidente della Cei, monsignor Gualtiero Bassetti terrà sabato 23 marzo, presso il Santuario della Madonna dell'Arco a Sant'Anastasia, in occasione della Giornata regionale dei diaconi permanenti.