Nel
corso dell’Assemblea di apertura del nuovo anno pastorale, S.E. Il
vescovo Angelo Spinillo ha illustrato le linee
diocesane, in riferimento agli Orientamenti Pastorali ed
Ecclesiali dell’ultimo decennio e proponendo orizzonti di
missionarietà, di dialogo e di creatività pastorale per la Chiesa
di Aversa.
Oltre all’ascolto della parola del Pastore, i partecipanti al Convegno
hanno avuto a disposizione il testo della
lettera che leggiamo di seguito e che è resa disponibile anche sul
portale della Diocesi.
Anno
Pastorale 2019-2020:
Convegno introduttivo
“E
ogni giorno, nel tempio e nelle case, non cessavano di annunciare che
Gesù è il Cristo” (At 5,42)
Carissimi
confratelli Sacerdoti e Diaconi, Religiosi e Religiose, Seminaristi,
voi tutti, fratelli e sorelle,
eccoci
all’annuale appuntamento che ci convoca all’inizio del nuovo anno
pastorale per metterci in sintonia con tutta la comunità diocesana e
prendere il passo giusto, e progredire verso il regno di Dio
camminando insieme con la Chiesa, con i fratelli e le sorelle con cui
condividiamo la luce del Vangelo e la grazia della salvezza.
Anzitutto
vi prego di accogliere la mia fraterna gratitudine per la vostra
presenza qui, questa sera nella nostra chiesa cattedrale, e più
ancora per la vostra generosa disponibilità a vivere ogni giorno
nella fede, nella speranza e nella carità, ad offrire con gioia la
vostra testimonianza e la vostra partecipazione all’apostolato,
alla vita ed alla missione della Chiesa.
Grazie
a tutti per essere qui, insieme, in comunione fraterna, come “popolo
di Dio”, popolo che cammina con Lui e vive la luce della sua
volontà nelle vicende della storia del mondo. La vostra presenza è
testimonianza di zelo nell’apostolato, di disponibilità alla
missione, di gioioso entusiasmo nell’aderire e nell’annunziare il
Vangelo, nel desiderio di crescere e maturare nella vita di fede per
spezzare il pane della carità con l’intera umanità.
Come
ho avuto modo di dire sabato scorso nella celebrazione di ordinazione
diaconale di cinque nostri fratelli, siamo qui, gioiosamente presenti
e consapevoli di essere “gli invitati” dalla misericordia del
Signore a vivere seguendo Gesù, affascinati dalla luce del suo
Vangelo, nella Chiesa e con la Chiesa tutta, con la Chiesa cattolica,
aperta all’universale. Grazie, fratelli e sorelle, per aver accolto
l’invito del Signore e della Chiesa: accogliere un invito è segno
di attenzione a Colui che invita, che ci chiama, è segno di reale
apertura, di sincero ascolto e di vero incontro con la sua presenza.
Molte
volte, negli ultimi anni, abbiamo ripetuto che, per la crescita della
nostra vita di fede e per la verità della nostra carità è
importantissimo educarci all’ascolto della parola di Dio e
all’insegnamento della Chiesa. Ricordo che nell’omelia della
Messa crismale del 2018, invitai tutti a considerare che “Insieme
all’ascolto della parola di Dio” è necessario un “un
più
attento ascolto della parola che ci viene ordinariamente rivolta
dalla Chiesa, dalla Chiesa universale e, spesso più direttamente,
dalla Chiesa locale. Credo, infatti, di poter dire che chi vive con
autenticità e fiducia la parola di Dio sarà attento ad accogliere
anche la parola della Chiesa, e che chi ascolta veramente la parola
del Padre saprà riconoscere il suo amore anche nella parola del
fratello. Potremmo dire, ancora, che se chi ascolta la parola di Dio
accoglie Dio stesso e partecipa della sua vita, ugualmente chi
ascolta la parola della Chiesa accoglie la Chiesa e vive pienamente
in essa e con essa”.
Non
mi stancherò di ripetere che abbiamo tanto bisogno di educarci a
questo atteggiamento di ascolto, ovvero a vivere con attenzione alla
parola di Dio e con fiducia nellinsegnamento della Chiesa. Questo
ci renderà capaci di essere veramente liberi nell’obbedienza, come
il Cristo, il Figlio all'amore del Padre. Questo ci aiuterà ad
essere maturi nel vivere la fede, perché solo se saremo maturi nella
fede potremo essere sereni servitori del Vangelo, generosi e liberi
come figli, autentici ministri della carità. Questo ci aiuterà a
vivere nel respiro ampio, universale, della Chiesa, e non ristretti
negli spazi angusti, e assolutamente soggettivi, dei nostri modi di
pensare, di giudicare e di agire.
Non
ci meravigli il riconoscere il bisogno, direi lurgenza di proporre
allintera comunità cristiana, e quindi anche alla nostra Chiesa
locale, un significativo e continuo percorso di educazione alla fede.
La fede non è una dottrina che si impara e si utilizza per
raggiungere un qualche obiettivo, la fede è vita in continuo
fermento di crescita, come il lievito, di cui Gesù ha parlato nel
Vangelo. Per questo la Chiesa ha sempre vissuto come in una costante
tensione formativa, e in ogni epoca, in modi ed in forme diverse, ha
sollecitato i cristiani a guardare al Maestro per accoglierne gli
insegnamenti e modellare la propria storia vivendola in comunione con
Lui. Questo è ciò che in tempi recenti abbiamo indicato con
l'espressione formazione permanente. La tensione alla formazione
alla vita di fede è richiesta dal continuo evolversi delle
situazioni, delle opportunità e delle domande che la nostra stessa
umanità genera a sé stessa nel corso del suo cammino nella storia
e, soprattutto, perché il Maestro, il Cristo Signore è sempre vivo
ed è sempre oltre le conoscenze e le forme acquisite dagli uomini,
ed è Lui il Verbo, la parola del Dio vivente che chiama l’uomo ad
alzare lo sguardo, ad aprire il cuore, ad incontrare la verità, a
cercare il regno di Dio che è sempre più grande dei nostri pensieri
ed è sempre più avanti delle nostre vedute.
L’importanza
di un vitale percorso educativo “per formare persone mature, capaci
di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il
tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna”, è stata
richiamata lo scorso 12 settembre dal nostro Santo Padre Francesco
che ha sentito l’esigenza di convocare a Roma, per il prossimo 14
maggio 2020, i rappresentanti delle principali religioni del mondo,
degli organismi internazionali e delle istituzioni umanitarie,
accademiche ed economiche, politiche e culturali per un momento di
intenso dialogo sul tema: “Ricostruire il patto educativo globale”.
Già
nel 2008, Papa Benedetto XVI aveva scritto una lettera alla Diocesi
ed alla città di Roma circa il “compito urgente dell’educazione”,
ed aveva parlato di una grande “emergenza educativa”, di
“un’atmosfera diffusa, una mentalità e una forma di cultura che
portano a dubitare del valore della persona umana”. A fronte di
queste difficoltà vissute dalla società umana, il Papa invitava ad
avere fiducia nella possibilità di educare, di dialogare tra le
generazioni, per condividere, con tutti e con ciascuno, la speranza
nell’incontro con la verità, ed un vero cammino verso il bene.
In
questa prospettiva, nel 2010 la Chiesa Italiana si diede delle linee
di orientamento pastorale per il decennio 2010-2020, intitolandole
“Educare alla vita buona del Vangelo” e osservando che ci si
trova in una fase della storia in cui “Le persone fanno sempre più
fatica a dare un senso profondo all’esistenza. Ne sono sintomi il
disorientamento, il ripiegamento su se stessi e il narcisismo, il
desiderio insaziabile di possesso e di consumo, la ricerca del sesso
slegato dall’affettività e dall’impegno
di vita, l’ansia e la paura, l’incapacità di sperare, il
diffondersi dell’infelicità e della depressione. Il mito dell’uomo
che si fa da sé finisce con il separare la persona dalle proprie
radici e dagli altri”. (CVMC 9).
Dalle
parole dei Papi e dei Vescovi appare evidente la preoccupazione, che
poi è di tutte le componenti della società umana circa la
possibilità di sviluppare un cammino educativo. Personalmente credo
che la crisi nella capacità di educare, la difficoltà a sviluppare
un sereno dialogo tra le diverse generazioni e tra le varie presenze
che compongono una società sia il segno più evidente della crisi
della stessa società umana. Si dice spesso che ciò sia causato da
una mancanza di valori comuni e, di conseguenza, dal non avere
riferimenti condivisi. A tanti, oggi, giustamente sembra che in
questo nostro tempo laffermazione e il senso della libertà di
ciascun individuo sia proclamato e vissuto come un confuso senso di
assoluta autonomia e di relativa indifferenza rispetto a tutto e a
tutti.
Di
fronte agli squilibri causati dalla lacerazione di antiche e naturali
alleanze tra le diverse generazioni, tra ciascuna delle singole
persone umane ed il tessuto sociale nel quale e per il quale si vive,
l’iniziativa di Papa Francesco, pur consapevole della fatica
necessaria, ha voluto invitare il mondo “a promuovere insieme e
attivare attraverso un comune patto educativo, quelle dinamiche che
danno un senso alla storia e la trasformano in modo positivo”. Non
a caso il Papa ha voluto citare lantico proverbio della saggezza
africana che dice che per educare un bambino è necessario un intero
villaggio. Qui non si tratta di negare la possibilità di cambiamenti
nelle modalità di vita degli uomini nel tempo e nelle sempre nuove
situazioni della vita del mondo, ma piuttosto di riconoscere e
reimparare ad essere tutti attenti sempre e partecipi del cammino
della vita comune. Ogni cambiamento, però, dice Papa Francesco, ha
bisogno di un cammino educativo che coinvolga tutti. Per questo è
necessario costruire “un villaggio dell’educazione” dove, nella
diversità, si condivida l’impegno di generare una rete di
relazioni umane e aperte. In un simile villaggio è più facile
un’alleanza tra tutte le componenti della persona, tra lo studio e
la vita, tra le generazioni
tra gli abitanti della Terra e la “casa
comune” alla quale dobbiamo cura e rispetto. Un’alleanza
generatrice di pace, giustizia e accoglienza tra tutti i popoli della
famiglia umana, nonché di dialogo tra le religioni”. Educazione,
insomma, non può essere più il semplice trasmettere conoscenze o
regole da usare nella vita che i più adulti, in forza
dell’esperienza acquisita nel tempo, possono insegnare ai più
giovani; educazione, oggi, deve poter significare impegno nella
propria crescita personale, desiderio di camminare, di conoscere, di
dialogare con onestà e libertà da ogni pregiudizio o interesse, di
partecipare con fedeltà a testimoniare la ricerca del giusto e del
bello per la vita dell’umanità. Se, come aveva detto Papa
Benedetto XVI alla Diocesi di Roma nel 2007: “alla radice della
crisi dell’educazione c’è una crisi di fiducia nella vita”,
con le parole di Papa Francesco, ancora al convegno diocesano di Roma
del 2016, possiamo dire che: “Nei sogni dei nostri anziani molte
volte risiede la possibilità che i nostri giovani abbiano nuove
visioni, abbiano nuovamente un futuro”. Come dire che solo chi ha
sogni grandi di vita, di giustizia, di bellezza, di verità, di bontà
e cerca di viverli testimoniando la sua speranza con coerenza nelle
relazioni con gli altri uomini e nel cammino quotidiano, educando se
stesso sarà capace di educare altri, sarà veramente partecipe di
quel villaggio in cui si percorre la strada della condivisione di
pensieri e di fatica, di speranza e di attenzione generosa alla vita
ed alla verità.
Il
cammino proposto per questo decennio
Ricordiamo
anzitutto che, in questi anni, come Diocesi, per la consapevolezza di
dover dare attenzione all’educazione e portare la luce del Cristo
Signore nella concretezza del vissuto quotidiano delle nostre
comunità, ci siamo lasciati guidare dagli Orientamenti Pastorali
Educare alla vita buona del Vangelo, e ci siamo proposti un percorso
di educazione al vivere la fede, la speranza e la carità nella
quotidianità di quei Percorsi di vita buona che ci erano stati
indicati come ambiti del vivere dell’umanità del nostro tempo:
Lavoro e festa; Cittadinanza; Affettività; Fragilità; Tradizione.
Anche
il tempo santo del Giubileo della misericordia lo abbiamo vissuto
come un tempo ed un’esperienza forte di educazione e di formazione
ad essere “misericordiosi come il Padre” (Lc 6,36), riconoscendo
che la più importante e la più urgente delle nostre necessità era,
e rimane, l’imparare il perdono: è il perdono da imparare a donare
fraternamente gli uni agli altri, e, ancor più, per una vera
crescita di umanità e di vita buona, il perdono da imparare a
chiedere. Educarsi a chiedere il perdono è il più efficace atto di
fede; infatti solo chi si educa a chiedere il perdono potrà
riconoscere la presenza dell’altro davanti a sé, potrà
riconoscere la presenza di Dio e la presenza degli uomini ed aprirsi
al dialogo con verità, come il Figlio prodigo di cui ci parla Gesù
nel Vangelo.
Successivamente,
sulla scia del Convegno ecclesiale del 2015, tenutosi a Firenze, sul
tema dell’attenzione ad un nuovo umanesimo modellato sul Cristo
Signore, abbiamo cercato di educarci a coniugare i verbi “uscire,
annunciare, abitare, educare, trasfigurare” per educarci a vivere
il rapporto con la vita dell’umanità alla maniera di Gesù, ovvero
ponendo attenzione alle incertezze e ai disorientamenti dell’umanità
e sviluppando una presenza capace di annunciare e di coinvolgere, per
educarci a far maturare l’umano aprendolo al divino, alla vita
buona del Vangelo. Affascinati dal versetto del salmo 145,4 “Una
generazione narra all’altra” abbiamo, per così dire sintetizzato
il discorso sulla necessità di formazione permanente e sulla
disponibilità alla missione intesa come il vivere in ogni situazione
con la consapevolezza di essere chiamati alla grazia di Dio e mandati
a condividerla con i fratelli.
Anno
pastorale 2019-2020
Se
è vero, come insegnava il Santo Papa Paolo VI, che quando la
Chiesa prende coscienza di sé diventa missionaria, siamo chiamati
a comunicare il Vangelo al mondo vivendo una creatività gioiosa di
azione di incontro con l’umanità tutta. Per questo, ancora abbiamo
bisogno di educarci a pensare e ad agire in modo nuovo nella nostra
vita di carità e di fraternità. Il Vangelo ci narra che tutti
coloro che incontravano Gesù, poi andavano, anzi, correvano con
gioia ed entusiasmo grande, a raccontare quell’incontro, a portare
il “lieto annunzio” a tanti altri fratelli. Questo, ci auguriamo,
possa essere lo stile, l’atteggiamento ordinario in cui la nostra
Chiesa potrà vivere in questo territorio.
Papa
Francesco ci invita continuamente ad essere “Chiesa in uscita”,
Comunità di credenti consapevole del dono grande della vocazione ad
essere con Gesù e desiderosa di andare incontro all’umanità per
offrire a tutti e condividere con tutti la salvezza. In questa
prospettiva dovremo essere ancora più attenti, in tutti gli ambiti
di vita ecclesiale e dell’azione pastorale, a rinnovare quanto già
viviamo e ad aprire strade nuove per l’evangelizzazione. La
sensibilità pastorale alla missione, accolta da noi come una grazia,
deve essere coltivata come una missione a vivere la Chiesa anzitutto
al suo interno. Si, noi siamo mandati a vivere, come figli in
comunione con il Padre, nella fraternità che ci fa attenti alla vita
degli altri fratelli e sorelle che vivono e camminano con noi. Allo
stesso modo e con entusiasmo saremo desiderosi di andare incontro a
chi è meno presente nella realtà della comunità ecclesiale. Questo
significa educarci a liberare il nostro animo da quello che il Papa
chiama “il grigio pragmatismo della vita quotidiana della chiesa,
nel quale tutto apparentemente procede nella normalità mentre in
realtà la fede si va logorando e degenerando nella meschinità”
(Eg 83), ed invece a vivere la gioiosa speranza che “La nostra fede
è sfidata ad intravedere il vino in cui l’acqua può essere
trasformata, e a scoprire il grano che cresce in mezzo alla zizzania”
(Eg 84).
“Il
santo, spiega ancora Papa Francesco in Gaudete et exultate, non
spreca le sue energie lamentandosi degli errori altrui evita la
violenza verbale che distrugge e maltratta” e, cita, poi, le parole
di San Giovanni della Croce: “Rallegrandoti del bene degli altri
come se fosse tuo vincerai il male con il bene, caccerai lontano da
te il demonio e ne ricaverai gioia di spirito” (Gee 116-117).
È
in questo atteggiamento che vive un autentico spirito missionario.
A
questo spirito missionario vogliamo dare particolare attenzione ed
educarci in questo anno sviluppando con entusiasmo i diversi tempi e
momenti dell’anno pastorale.
Come
tutti sappiamo, ricorre in questo anno il centenario della Lettera
apostolica “Maximum illud” con la quale, all’indomani della
conclusione del drammatico conflitto, che per la prima volta fu detto
mondiale, il Papa Benedetto XV volle rilanciare l’azione
missionaria della Chiesa fondandola sull’universalità della
chiamata alla salvezza. Come Chiesa diocesana di Aversa vorremo
cogliere questa ricorrenza per dare un’impronta missionaria ad ogni
nostra attività pastorale, sia all’interno della comunità
ecclesiale che nel nostro aprirci al dialogo con le realtà della
vita sociale del nostro tempo. Ancora Papa Francesco ha scritto: “La
Lettera apostolica Maximum illud aveva esortato, con spirito
profetico e franchezza evangelica, a uscire dai confini delle
nazioni, per testimoniare la volontà salvifica di Dio attraverso la
missione universale della Chiesa. L’approssimarsi del suo
centenario sia di stimolo a superare la tentazione ricorrente che si
nasconde dietro ad ogni introversione ecclesiale, ad ogni chiusura
autoreferenziale nei propri confini sicuri, ad ogni forma di
pessimismo pastorale, ad ogni sterile nostalgia del passato, per
aprirci invece alla novità gioiosa del Vangelo. Anche in questi
nostri tempi, dilaniati dalle tragedie della guerra e insidiati dalla
triste volontà di accentuare le differenze e fomentare gli scontri,
la Buona Notizia che in Gesù il perdono vince il peccato, la vita
sconfigge la morte e l’amore vince il timore sia portata a tutti
con rinnovato ardore e infonda fiducia e speranza”.
Certamente,
aldilà delle attività proposte in maniera particolare per il mese
di ottobre, tradizionalmente dedicato alla preghiera ed alla
sensibilizzazione alle opere missionarie, la speciale memoria di
questo centenario ci aiuterà a purificare la nostra azione
pastorale, a dare rinnovato entusiasmo e slancio alle motivazioni del
nostro vivere la Chiesa e che ci spingono alla missione. Nell’ascolto
vivo della parola di Dio potremo educarci e far maturare in noi,
nella nostra comunità ecclesiale, quelle ragioni appassionanti,
che scaturiscono dalla gioia del Vangelo, e che sole potranno dare
slancio missionario ad ogni nostra attività pastorale.
Per
questo in questo nuovo anno vorremo ancora celebrare con attenzione
le giornate che coinvolgono tutti i credenti in un dialogo che,
assumendo come proprie le più grosse problematiche della vita del
mondo, ci sollecitano ad entrare in dialogo con l’umanità
annunziando speranza e condivisione di cammino nella ricerca di ciò
che veramente è vita per l’uomo aperto alla presenza di Dio.
Oserei dire che nelle nostre comunità parrocchiali, nelle
associazioni, nei gruppi e nei movimenti, persino nei comitati-festa,
dovremmo pensare e programmare le giornate “per la custodia del
creato”, “dei poveri”, della “vita”, alla “Festa dei
popoli” con la stessa intensità con cui organizziamo i momenti di
festa o di celebrazioni tradizionalmente consolidate. Credo che
possiamo considerare queste giornate come un momento intenso di
catechesi applicata alla concretezza delle situazioni che si vivono
quotidianamente, come un momento di formazione spirituale per
educarci a leggere anche la vita contemporanea nell’orizzonte della
salvezza e della comunione con la volontà del nostro Dio, e, quindi,
anche di missionarietà, di creatività pastorale vissuta nel dialogo
con l’umanità e con le sue domande di vita. Queste giornate
potranno offrire a tutti degli ampi spazi di partecipazione e di
condivisione fraterna nella carità. Come potete, almeno in parte,
vedere, già tante sono le attività proposte e di questo ringrazio
di cuore tutti gli organismi della nostra vita diocesana, dal
Seminario alle Parrocchie, dagli Uffici pastorali e amministrativi
della Curia alle diverse forme di aggregazione, soprattutto dei
laici. Continuiamo ad accogliere con attenzione e amicizia i ragazzi
ed i giovani, gli sposi, coloro che sono alla ricerca di attenzione e
coloro che sentono di poterla offrire, i consacrati/e ed i
missionari/e. Incoraggiamo, sviluppiamo e, se necessario,
riprendiamo, il dialogo e la tensione pastorale e missionaria,
condividiamo la gioia di essere salvati perché chiamati a vivere
nell’amore di Dio che il Cristo è venuto a donare a noi. Il
Signore che ci ha chiamati, ci aiuti a maturare sempre più in quella
libertà che supera ogni confine ed ogni limite, che non si ferma per
qualche incomprensione o tristezza, ma che guarda sempre oltre, più
avanti, capace di valorizzare tutto, anche gli ostacoli e le
difficoltà, per progredire nella vita vera, nella luminosa bellezza
dell’amore di Dio.
Permettetemi,
a mo’ di augurio, di concludere ancora con le parole di Papa
Francesco: “Se camminate insieme, giovani e anziani, potremo essere
ben radicati nel presente e da questa posizione, frequentare il
passato e il futuro: frequentare il passato, per imparare dalla
storia e per guarire le ferite che a volte ci condizionano;
frequentare il futuro, per alimentare l’entusiasmo, far germogliare
i sogni, suscitare profezie, far fiorire le speranze. In questo modo,
uniti, potremo imparare gli uni dagli altri, riscaldare i cuori,
ispirare le nostre menti con la luce del Vangelo e dare nuova forza
alle nostre mani” (Christus vivit 199).